Febbraio 21 2017 0Comment

RIFIUTI E SOTTOPRODOTTI: DEFINIZIONE, CLASSIFICAZIONE ED ESCLUSIONI

La distinzione di ciò che è rifiuto da ciò che non lo è determina l’applicazione o meno della relativa normativa.

Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lettera a), del Codice ambientale di cui al D. Lgs 03/04/2006, n. 152, per rifiuto si intende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi. Si tratta come è evidente di una definizione molto generica, da valutare caso per caso ed i cui contorni sono stati meglio delineati dalla giurisprudenza. A tal proposito, si esclude la qualifica di rifiuto nei casi in cui il residuo non sia il prodotto di un’azione volontaria, così come si esclude l’applicazione della normativa sui rifiuti per l’attività di demolizione, che, in se stessa considerata, non consiste nella gestione dei rifiuti.

Anche quando astrattamente potrebbero essere considerate cose, sostanze o materiali di cui il produttore o detentore intendono disfarsi, e quindi da ricomprendere nel concetto di rifiuto secondo quanto appena visto, sono tuttavia escluse dalla disciplina dei rifiuti le sostanze indicate dall’art. 185 del D. Lgs 185/2006 (non rifiuto).

Ancora, è considerata sottoprodotto, e non rifiuto – ed è quindi è esclusa dall’applicazione della relativa disciplina – qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa contestualmente tutte le condizioni indicate dall’art. 184-bis del D. Lgs 152/2006 e, s.m.i..

I rifiuti sono classificati:

  • secondo l’origine, in rifiuti urbani o rifiuti speciali;
  • secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi o non pericolosi.

CESSAZIONE DELLA QUALITÀ DI RIFIUTO, RECUPERO – Ai sensi dell’art. 184-ter del D. Lgs 152/06 e, s.m.i., un rifiuto cessa di essere tale, e quindi cessa di essere regolato dalla relativa normativa, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:

  • la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;
  • esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
  • la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
  • l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

L’operazione di recupero deve avvenire nel rispetto delle norme che lo regolano:

  • in generale, il D.M. 05/02/1998 (Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22), il D.M. 12/06/2002, n. 161 (Regolamento attuativo degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, relativo all’individuazione dei rifiuti pericolosi che è possibile ammettere alle procedure semplificate), il D.M. 17/11/2005, n. 269 (Regolamento attuativo degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, relativo all’individuazione dei rifiuti pericolosi provenienti dalle navi, che è possibile ammettere alle procedure semplificate), l’art. 9-bis del D.L. 06/11/2008, n. 172 (convertito in legge dalla L. 30/12/2008, n. 210);
  • per determinate tipologie di combustibili solidi secondari, il D.M. 14/02/2013, n. 22 (Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni).

LE CONDIZIONI PER LA QUALIFICAZIONE COME SOTTOPRODOTTO – Come detto, affinché una sostanza possa essere qualificata come sottoprodotto, occorre il rispetto contestuale di tutte le condizioni previste dall’art. 184-bis del D. Leg.vo 152/2006, e cioè:

  • la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
  • è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
  • la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
  • l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

Allo scopo di favorire ed agevolare l’utilizzo come sottoprodotto di sostanze e oggetti che derivano da un processo di produzione e che rispettano specifici criteri, nonché di assicurare una maggiore uniformità nell’interpretazione e nell’applicazione della definizione di rifiuto e di sottoprodotto – di cui si è riscontrata negli anni una applicazione molto disomogenea – il Ministero dell’ambiente ha emanato il D.M. 13/10/2016, n. 264 (pubblicato sulla G.U. 15/02/2017, n. 38), che fornisce indicazioni per provare la sussistenza delle circostanze di cui sopra, fatta salva la possibilità di dimostrare che una sostanza è un sottoprodotto e non un rifiuto anche con modalità diverse, e fermo restando in ogni caso il necessario rispetto, per ciascuna categoria di sostanza, delle pertinenti normative di settore.

CRITERI PER LA QUALIFICAZIONE COME SOTTOPRODOTTO DI SPECIFICHE TIPOLOGIE DI SOSTANZE – L’art. 184-bis del D. Lgs 152/2006 e successive modifiche ed integrazioni dispone che, con decreti ministeriali, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché – sempre nell’ambito dei requisiti stabiliti in via generale e sopra indicati – specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti.

In attuazione di tale norma:

  • il D.M. 10/08/2012, n. 161 (Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo) reca disposizioni per le terre e rocce da scavo che provengono da attività o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale, con esclusione delle ipotesi di immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte;
  • l’art. 41-bis del D.L. 21/06/2013, n. 69 (convertito in legge dalla L. 09/08/2013, n. 98), reca disposizioni di ulteriore semplificazione per le terre e rocce da scavo derivanti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i 6000 metri cubi (in ogni caso, anche quando rientranti tra le opere soggette al D.M. 161/2012) e da attività e opere non rientranti nel campo di applicazione del citato D.M. 161/2012;
  • gli allegati 1 e 2 al D.M. 13/10/2016, n. 264, recano indicazioni specifiche per la categoria delle biomasse residuali destinate all’impiego per la produzione di biogas e delle biomasse residuali destinate all’impiego per la produzione di energia mediante combustione.

barbara