Quesito di Legambiente relativo alla modalità di gestione, di alcuni comuni, delle bioplastiche compostabili certificate depositate nell’umido urbano.
Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica in linea con l’articolo 22 della Direttiva 2008/98/CE, così come da ultimo sostituito dalla Direttiva (UE) 2018/851, nel nostro ordinamento è stato introdotto, all’articolo 182-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n° 152 e successive modifiche ed integrazioni, l’obbligo di raccogliere in modo differenziato i rifiuti organici, anticipando la decorrenza di tale obbligo al 31 dicembre 2021 rispetto alla previsione stabilita a livello euro-unitario fissata al 31 dicembre 2023.
Nello specifico, la disposizione citata prevede, al comma 2, che “i rifiuti organici sono differenziati e riciclati alla fonte, anche mediante attività di compostaggio sul luogo di produzione, oppure raccolti in modo differenziato, con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002, senza miscelarli con altri tipi di rifiuti”.
Dalla lettura della disposizione sopra riportata emerge con chiarezza che, al fine di consentire una corretta raccolta dei rifiuti organici, gli stessi devono essere conferiti attraverso contenitori a svuotamento riutilizzabili o, in alternativa, utilizzando sacchetti compostabili certificati. Da ciò ne deriva che, in ottemperanza all’obbligo della raccolta differenziata di tale tipologia di rifiuti, l’utenza domestica può utilizzare sacchetti biodegradabili e compostabili per il conferimento dei propri rifiuti organici.
In aggiunta, l’articolo 183, comma 6, dispone che “I rifiuti anche di imballaggi, aventi analoghe proprietà di biodegradabilità e compostabilità rispetto ai rifiuti organici sono raccolti e riciclati assieme a questi ultimi, laddove:
- a) siano certificati conformi, da organismi accreditati, allo standard europeo EN 13432 per gli imballaggi, o allo standard europeo EN 14995 per i manufatti diversi dagli imballaggi se in materiale plastico, recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione;
- b) siano opportunamente etichettati e riportino, oltre alla menzione della conformità ai predetti standard europei, elementi identificativi del produttore e del certificatore nonché idonee istruzioni per i consumatori di conferimento di tali rifiuti nel circuito di raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti organici”.
La disposizione, conformemente all’articolo 22, paragrafo 1, secondo periodo, della Direttiva 2008/98/CE, prevede la raccolta e l’avvio al riciclo di tutti quei rifiuti, anche da imballaggi, che hanno la caratteristica di essere compostabili e biodegradabili, nel rispetto degli standard europei.
Da tale contesto normativo emerge chiaramente l’obbligo di conferire i rifiuti biodegradabili e compostabili nell’ambito della raccolta separata dei rifiuti organici, anche al fine di incrementare il riciclaggio degli stessi, mentre resta nella possibilità dell’utenza domestica l’utilizzo dei sacchetti biodegradabili e compostabili per la raccolta del proprio rifiuto organico.
Ciò detto, la disposizione di cui al comma 7 del citato articolo 182-ter prevede l’adozione di un decreto ministeriale al fine di stabilire i “livelli di qualità per la raccolta differenziata dei rifiuti organici e individuare precisi criteri da applicare ai controlli di qualità delle raccolte nonché degli impianti di riciclaggio di predetti rifiuti”. La citata disposizione risulta avere carattere autonomo e non rappresenta il presupposto per la vigenza degli obblighi previsti ai commi precedenti del medesimo articolo; prevede infatti l’emanazione di un provvedimento avente natura di fonte secondaria, chiamato a dettare disposizioni riferibili esclusivamente alla qualità della raccolta differenziata dei rifiuti organici e ai relativi controlli da effettuare anche presso gli impianti di riciclaggio.
In conclusione, alla luce di quanto esposto, la mancata adozione del decreto ministeriale previsto dal citato articolo 182-ter, comma 7, non sembra giustificare l’emanazione a livello locale di atti o provvedimenti volti a vietare l’utilizzo di sacchetti compostabili e biodegradabili per la raccolta dell’umido urbano e il conferimento nella raccolta differenziata dei rifiuti organici dei prodotti con le caratteristiche previste dal comma 6 del medesimo articolo.
Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3-septies del D.lgs. n.152/2006, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.
Quesito di Confindustria Alto Adriatico: Requisiti di qualità dell’aggregato recuperato – Test di cessione su/l’aggregato recuperato”.
Rifiuti inerti: analisi e criticità del test di cessione
Confindustria Alto Adriatico ha sollevato un quesito critico al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica tramite un interpello ambientale: come preparare correttamente il campione di rifiuti inerti da sottoporre al test di cessione?
L’associazione evidenzia che la procedura di riduzione dimensionale del materiale, necessaria per l’analisi, può alterare significativamente la distribuzione granulometrica del campione originale, influenzando di conseguenza l’esito del test di lisciviazione.
Sebbene la norma a riconosca questo problema, non fornisce indicazioni specifiche per la ricostruzione del campione dopo la macinazione. Si limita a raccomandare di evitare una macinazione “eccessiva”, senza fornire dettagli concreti.