Luglio 27 2023 0Comment

BOZZA: Protocollo condiviso per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi da esposizione ad alte temperature

In attesa che venga sottoscritto il “Protocollo condiviso per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi da esposizione ad alte temperature negli ambienti di lavoro”, di cui è circolata finora una bozza che vi allego (si veda “Nuove tutele per i lavoratori più esposti alle alte temperature” del 26 luglio 2023), e mentre il Governo ha approvato ieri un decreto legge in materia di tutela dei lavoratori in caso di emergenza climatica (si veda “CIGO e CISOA più flessibili per le ondate di calore”), utili indicazioni ufficiali possono essere reperite anche nel recente vademecum, diramato dal Ministero del Lavoro, con il quale vengono suggerite specifiche misure da adottare per tutelare i lavoratori, ancora più dettagliate rispetto a quelle contenute nella bozza del protocollo.

Il Ministero evidenzia, innanzitutto, come le temperature elevate costituiscano un fattore di rischio, con riferimento a diversi profili. Il calore può condizionare la concentrazione del lavoratore, determinando scarsa capacità decisionale, riduzione della produttività, aumento dei livelli di stress. Anche il contesto lavorativo può modificarsi per quanto concerne le attrezzature e le sostanze, adoperate nei cicli produttivi, nonché in relazione ai livelli di inquinamento atmosferico, alle esposizioni nocive per i lavoratori, come l’ozono troposferico e il particolato.

Sono numerosi i settori produttivi investiti dai fenomeni evidenziati.
Si parte, naturalmente, da tutte le attività che vengono normalmente svolte all’aperto e che richiedono un intenso lavoro fisico con esposizione diretta alla luce solare e al calore in settori come l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca, l’edilizia, l’estrazione mineraria, i trasporti e la manutenzione e fornitura di servizi pubblici.

Peraltro, con riferimento ai lavoratori impiegati all’aperto, le alte temperature favoriscono anche il proliferare di zecche e zanzare, che possono essere portatrici di malattie infettive. Particolarmente delicata è la situazione dei lavoratori del settore delle costruzioni, che operano all’interno di aree soggette all’effetto della c.d. isola di calore urbana, determinata da temperature più elevate nelle aree urbane rispetto a quelle rurali a causa del cemento e dell’asfalto, delle attività umane e della mancanza di vegetazione ombreggiante.

Non meno esposti, tuttavia, anche i c.d. lavoratori indoor, impiegati in ambienti scarsamente raffreddati o con elevata produzione di calore industriale, sovente tenuti anche all’utilizzo di DPI in condizioni di caldo, come nei settori dell’elettricità, del gas e dell’approvvigionamento idrico e manifatturiero. Senza dimenticare gli operatori socio sanitari, i quali, oltre alle condizioni ambientali, devono fare i conti con l’aumento dei carichi di lavoro determinati dalla cura delle altre persone.

In tal senso, quindi, sottolinea il Ministero, diviene essenziale che i datori di lavoro effettuino una completa valutazione dei rischi, fissando misure preventive per proteggere i lavoratori da qualsiasi rischio sul luogo di lavoro. Diviene così utile considerare il microclima e modificare l’orario di lavoro, individuando aree di ristoro adeguate alle pause, la fornitura di bevande, l’accesso all’ombra.

Per chi opera al chiuso, il vademecum indica possibili soluzioni, quali: utilizzo di schermature o barriere riflettenti o termoassorbenti; isolamento dei macchinari o impianti che generano calore, fornitura di veicoli con cabine chiuse climatizzate (ad esempio, su trattori, camion, caricatori, gru); riduzione dell’umidità, evitando pavimenti bagnati, bagni di acqua calda aperti, scarichi e vapore; utilizzo di apparecchiature o processi automatizzati per accedere a luoghi caldi, ad esempio utilizzando un drone per ispezionare un terreno di fuoco; monitoraggio della temperatura; creazione di aree di ombra per ridurre il calore radiante del sole, ombreggiando i lavoratori dalla luce solare diretta con tende o utilizzando pellicole riflettenti sulle finestre; utilizzo di superfici non riflettenti per evitare la riflessione UV nell’area di lavoro; fornitura di aria di raffreddamento o condizionamento dell’aria e adeguata ventilazione, deumidificazione.

Più complessa è la situazione per chi opera all’esterno.
In tal caso, il Ministero suggerisce, ad esempio, di evitare il più possibile l’esposizione diretta alla radiazione solare utilizzando tettoie, anche mobili, che possano permettere di lavorare all’ombra; evitare le lavorazioni durante le ore di maggior caldo, fornire al lavoratore copricapo a falda larga ed indumenti leggeri e traspiranti. Per il settore agricolo, l’attività va calibrata in base a età, condizioni fisiche, resistenza allo sforzo, programmando orari adatti alle lavorazioni e ruotando i lavoratori esposti, con pause in luoghi freschi ed evitando lavori in solitario.

Non va, infine, dimenticata, la possibilità di ricorso alla cassa integrazione per eventi meteo (messaggio INPS n. 2729/2023) per temperature superiori ai 35°C.

NON appena sarà ufficiale entreremo nel dettaglio.

Buona serata

Barbara

Minstero del Lavoro: Vademecum rischi lavorativi esposizione ad alte temperature

Protocollo condiviso rischi lavorativi da esposizione ad alte temperature negli ambienti di lavoro

 

admin